Oltre il lavoro, la rivoluzione del tempo di vita
– Marco Morosini, 25.08.2022
Lavorare meno La «riduzione del tempo di lavoro», forte in Francia nelle proposte della
Nupes guidata da Mélenchon, ora emerge anche in Italia nei programmi di M5S, Unione
popolare, Verdi-Sinistra
Il tema della riduzione del tempo di lavoro (RTL) emerge finalmente anche in Italia, per
esempio nei programmi del M5S, della Alleanza Verdi Sinistra e della Unione popolare. Nel
pensare e nel presentare l’argomento, però, occorrerebbe una «rivoluzione copernicana del
tempo sociale». Si dovrebbe mettere l’accento sul tempo libero guadagnato, invece che sul
tempo di lavoro evitato. Insomma: più aquiloni e meno tute blu. Le ore di lavoro salariato
vanno ridotte per far fiorire la vita personale e di comunità, non (solo) perché «lavorare
stanca» – e molto spesso uccide.
PER ATTUARE QUESTA «rivoluzione copernicana» occorre pensare e presentare anche in
un solo «pacchetto» i parametri del tempo di lavoro e del suo reciproco, il tempo libero: le
ore settimanali di lavoro salariato, i giorni di ferie e festivi, l’età del pensionamento. Sono
essi che, tutti insieme, determinano una (ora inconsapevole) «politica del tempo» che copre
tutta la durata di una vita. La nostra produttività è diventata così alta che potremmo
esplicitamente permetterci di decidere dapprima quanto tempo libero vogliamo, e poi, nel
tempo che ci resta, lavorare.
IN FRANCIA HO CONFRONTATO la implicita «politica del tempo» della maggioranza
presidenziale con quella della sinistra (Nouvelle Union Populaire Ecologique et Sociale,
NUPES) di Jean-Luc Mélenchon. La prima propugna il pensionamento a 65 anni (ora 62), le
attuali 5 settimane di ferie, la settimana lavorativa di 35 ore (o di più). La NUPES, invece,
propugna il pensionamento a 60 anni, una sesta settimana di ferie, meno eccezioni alla
settimana lavorativa di 35 ore, con tendenza alle 32 ore. Con la NUPES, ho calcolato, si
guadagnerebbero in media 20 000 ore di tempo liberato in una vita lavorativa.
È INTERESSANTE CONFRONTARE le 20.000 ore in più di tempo liberato con il
programma della Nupes con le 40.000 ore di lavoro in una vita che il grande economista
francese Jean Fourastié prevedeva nel 1964 per l’anno 2000 (30 ore settimanali per 35
anni). Se durante i “Trenta gloriosi” (1945-1975) conteggiare le ore di lavoro nell’arco di
una vita corrispondeva al contesto dell’epoca, ora sarebbe opportuno fare il contrario, ossia
conteggiare e mettere in risalto la somma delle ore di tempo libero. Aritmeticamente è la
stessa cosa. Ma l’inversione di questi due termini (lavoro e non-lavoro) sarebbe quella
«rivoluzione copernicana del tempo sociale» che mi pare tanto necessaria.
TUTTAVIA, L’ORGOGLIO di aver riportato sulla scena politica francese il nobile aggettivo
«popolare» (Nouvelle Union Populaire Ecologique et Sociale) non deve nascondere la realtà:
il «popolo» è diventato minoranza. Oggi, infatti, le classi sono definite sempre più da ciò
che consumano, piuttosto che da ciò che producono. Per costruire un polo politico di
sinistra maggioritario, non è più sufficiente cercare il sostegno delle vittime dell’ingiustizia e
della miseria (pur ancora troppo diffuse). Oggi è necessario riuscire ad attrarre anche quei
cittadini che, pur vivendo in un certo agio materiale, soffrono di un malessere che non
sempre sanno interpretare. La maggior parte di loro non sogna un «altro mondo» come
evoca lo slogan della Nupes. Questo mondo gli basta. Vorrebbero solo avere il tempo per
goderselo! La loro principale fonte di ansia è un’agenda piena, non uno stomaco vuoto! È
anche su questa carenza di tempo che le sinistre ecologiche e sociali dovrebbero fare leva.
Spetta a loro di offrire alternative di vita ai tanti che barattano la ricchezza di cose con la
mancanza di tempo.
A METÀ DEL XIX SECOLO, quasi tutte le ore di un salariato (escluse quelle di sonno)
erano occupate dal lavoro. Oggi il lavoro salariato occupa meno del 15% del mezzo milione
di ore attive della nostra vita (senza contare il sonno). In Francia in 170 anni il tempo di
lavoro dei salariati è diminuito da 3.100 ore a 1.400 ore, l’aspettativa media di vita è
raddoppiata e la produzione di beni e servizi è aumentata spettacolarmente. Dal momento
che l’enorme crescita della produttività ora ci permette di farlo, dovremmo mettere al
primo posto una consapevole «politica del tempo».
Il nostro tempo di vita, infatti, è l’unica vera risorsa non rinnovabile. Abbiamo davvero
bisogno di lavorare e produrre di più? Si sente ripetere: «Dobbiamo lavorare di più perché
viviamo più a lungo». Invece è vero il contrario. Viviamo più a lungo anche perché
lavoriamo meno. E anche: «Dobbiamo lavorare più a lungo per finanziare le pensioni». Ma
questo argomento è ecologicamente cieco, poiché l’aumento degli scambi immateriali (il
denaro) causa l’aumento degli scambi materiali: miliardi di tonnellate di acqua, di materie
prime, di esseri viventi, di manufatti, di rifiuti e di emissioni nocive. Mentre per gli scambi
immateriali non ci sono limiti, per la produzione e la distruzione materiali i limiti esistono,
eccome! Sono i cosiddetti «limiti planetari» oltre i quali la vita umana e quella sul Pianeta si
degradano più rapidamente.
CI MANCA DAVVERO qualcosa? Forse siamo a corto di cibo? No! (nei paesi ricchi). Un
terzo del cibo che buttiamo via è ancora buono e i nostri eccessi alimentari causano
sovrappeso e malattie. Siamo a corto di vestiti? No. Non usiamo neanche metà dei nostri
vestiti – e ogni anno ne compriamo ancora! Ci manca la plastica? No. Ne riempiamo gli
oceani con decine di milioni di tonnellate. Ci mancano le auto? No! I nostri garage, le strade
e i parcheggi ne sono pieni.
NON CI BASTA FAR PARTE dell’1% più ricco degli otto miliardi di persone sulla Terra? Ci
manca ancora qualcosa? Sì. L’unica cosa che ci manca davvero è il tempo per vivere al di là
del lavoro! Le riflessioni di Paul Lafargue e di André Gorz per invertire la priorità tra tempo
di lavoro e tempo libero devono finalmente uscire dai circoli intellettuali e influenzare i
programmi e i discorsi politici. Se una sinistra ecologica e sociale vuole avere una chance di
raccogliere un maggiore consenso in questa epoca di sovrapproduzione e di stress, essa
deve mettere al centro del proprio discorso il tempo di vita, non il lavoro e il denaro. «Più
vita per tutti!» dovrebbe diventare il suo motto.
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