lOTTA CONTINUA IN ITALIA E AD AREZZO
Un modo nuovo di sentirsi militanti.
“Si dice sempre che Lotta Continua è nata nel 1969 ai cancelli e nei reparti della Fiat e che fu il gruppo che più d’ogni altro esaltò la centralità operaia. In effetti, però, pur essendo decisamente operaista, gli slogan di LC e la sua pratica invitavano ognuno a lottare nei propri luoghi: a scuola, nel quartiere, in fabbrica, in caserma.
“Quasi un simbolo, LC nasce l’ultimo giorno del 1968. – così scrive Daniele Barbieri in un suo articolo sul Manifesto di Ottobre 2018 – Il 31 dicembre il Potere Operaio pisano (da cui verranno molti quadri di LC) invita gli operai e gli studenti ad augurare buon anno ai padroni davanti ad un locale di lusso della riviera. Sul volantino della convocazione c’è una frase che anche oggi appare molto attuale: “il nuovo anno ci porterà quello che sapremo conquistarci. Sul quaderno bianco i padroni vogliono riscrivere i loro vecchi e grassi conti. Tocca a noi riempirlo con una storia diversa. Lasciamo ai padroni lo champagne: noi abbiamo i pomodori”.”
Di fatto, LC raccoglie l’eredità degli scontri di quella notte, che lasceranno Soriano Ceccanti per sempre in sedia a rotelle. Ai gruppi Pisani si aggiungono il movimento studentesco torinese, la Lega studenti-operai, i quadri psiuppini della Fiat e soprattutto i giovani operai-massa del Sud, non politicizzati e sindacalizzati ma carichi di rabbia.

Intorno al maggio ’69 escono a Torino i primi volantini firmati LC, mentre sarà nel luglio dello stesso anno, con il “Convegno Nazionale dei Comitati delle Avanguardie Operaie” che si costituirà il vero nucleo di discussione e intervento. Si decide di stampare volantini e distribuirli tra gli emigranti e nel Sud. La frase Lotta Continua diviene una vera e propria sigla, mentre imperversa l’autunno caldo e le provocazioni fasciste si susseguono: stiamo parlando anche di omicidi, come quello di Pelle, e di commistioni tra fascisti e forze dell’ordine.
Nel primo numero del giornale, LC parla di necessità dell’autodifesa e, a differenza degli altri gruppi toccati dalla repressione, “non piange”.
Al momento dell’attentato di Piazza Fontana, nel dicembre dello stesso anno, LC ha già espresso apertamente la tesi secondo cui lo Stato punta allo scontro per minare la legittimità del movimento e sarà proprio LC a cominciare un lavoro di contro-indagini sul “suicidio” dell’anarchico Pinelli. Non solo autodifesa, quindi, ma anche contro-informazione militante.
LC cresce e diversifica il suo intervento verso il “sociale”, in particolare con le lotte per la casa a Roma e Milano, dove aggrega i giovani delle periferie. Personaggi come Massimo Avvisati, morto “di povertà”, diventano il simbolo di un’altra possibilità di militanza resa pratica quotidiana da LC: tirare fuori gli emarginati dai ghetti e farne dirigenti politici. Dal ’70, LC crea un settimanale e poi un quotidiano: Mao è nella stessa pagina di Jimi Hendrix, notizie di sport si inseriscono nelle cronache operaie, il fumetto Gasparazzo racconta di un operaio che non si capisce con il sindacato, un ribelle istintivo che scopre la politica.

Anche ad Arezzo
come nel resto del paese, arriva il giornale nazionale, ma qualcosa si è già mosso sin dalla metà dei Sessanta. Ciò che si sente è il bisogno di incontrarsi, di parlare, di confrontarsi fuori dagli organi di partito e dagli schemi istituzionali. Giovani provenienti da varie estrazioni, si annusano, si conoscono perché ascoltano la stessa musica, pensano e vogliono dire le stesse cose: non è un caso che, alla morte di Jimi Hendrix, Lotta Continua titoli “suonava come un dio, ucciso dai padroni”.
Quindi, anche in provincia di Arezzo, prima c’è il “trovarsi”, il “comunicare” e, quando arriva il cartaceo di Lotta Continua, il nucleo storico è già formato, si è già compatti.
LC è un’organizzazione capillare e capace di replicare in scala, anche in un piccolo centro, quello che succede a livello nazionale. Ma questo accade per una sorta di chimica, non certo per imposizioni eterodirette: unirsi viene da sé.
Ad Arezzo si fa di tutto: autoriduzione delle bollette, doposcuola, Festival come quello del Proletariato Giovanile, antifascismo militante, cene, notti passate a discutere di tutto lo scibile umano sulle panchine del Prato, cineforum, ma anche iniziative come il PID, Proletari In Divisa, gruppo che si occupa di lavorare con i giovani della caserma.
Tutto, dalla prima all’ultima iniziativa, extrapartitico, spontaneo, ma – soprattutto – autofinanziato. Con le cene, con i concerti, con la vendita di opere, quadri e serigrafie messi a disposizione dagli artisti vicini al movimento.
All’apice, LC conta ben 3 sedi aretine: in Via Mazzini, Via Borgunto e via Bottego.
Accanto all’organizzazione, come nel resto del paese, nascono i circoli culturali, che si occupano delle iniziative non strettamente politiche: ad Arezzo, l’auto-costituitosi circolo Rosa Luxembourg aderisce al sistema nazionale di LC e diventa Circolo Ottobre.
Infine, le Radio: nella seconda metà degli Anni ’70, anche nella nostra città nasce una Radio Libera, Radio GERONIMO, che trasmette dal primo piano di un palazzo all’angolo tra Piazza S. Jacopo e Corso Italia e condivide il pianerottolo con la Feltrinelli, la vendita dei di cui libri paga parte di affitti e iniziative. Intorno al ‘76, quando LC sta per compiere il suo ciclo, nascono anche alcune organizzazioni femministe.
Tra i tanti nomi portati ad Arezzo dal circolo culturale cittadino: Napoli centrale e gli Area, Benigni, Dario Fo, Eugenio Finardi (appena uscito il suo secondo album, venne invitato per finanziare proprio Radio GERONIMO). Quello che ancora scrive Daniele Barbieri sul Manifesto di Ottobre 2018 riferendosi al contesto nazionale, ci pare una chiosa pertinente anche per l’esperienza aretina: “LC, gruppo e giornale, insieme a tante cose belle fece anche molti sbagli, con frequenti e frenetici cambi di linea e valutazioni affrettate e superficiali. Ma rimane di questa esperienza uno stato d’animo, un modo di vivere insieme giorno per giorno, una circolazione di grande affetto. Ho militato in LC e ne sono ancora oggi molto fiero. Credo che me ne pentirei solo se dovessi diventare molto stupido o molto vile”.
